Sono insegnante, e mi mancano terribilmente tutti i miei alunni. Amo il mio lavoro che mi offre ogni giorno la possibilità di imparare da loro, da ciascuno di loro, di non dare mai nulla per scontato, di stupirmi e di meravigliarmi con loro di fronte alla bellezza che ci circonda. Mi piace osservare la realtà attraverso i loro occhi. Pensavo impossibile fare scuola in questo momento surreale… La scuola – pensavo – è per definizione zaini, banco, libri, lavagna, lim, matite e suono della campanella! Mi sbagliavo. La scuola passa anche da un freddo pc, da uno schermo, dalle cuffie, purché lo schermo sia riempito di contatto, di relazione, di sguardi, di sorrisi. Ma anche di parole belle. Di sostegno, conforto, comprensione, incoraggiamento e di ascolto. Di normalità insomma, quella di cui tutti, e in modo speciali i ragazzi, hanno bisogno di percepire ora che le certezze mancano. In queste mattine cerco in ogni maniera di far passare dal mio schermo una carezza virtuale a ciascuno dei miei alunni, uno sguardo comprensivo, di incoraggiamento, dicendo loro che ce la faremo, e che ritornare in classe sarà ancora più bello perché ricorderemo che la scuola, ovunque essa sia, è la cosa più bella che c’è perché significa stare insieme.
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